L’Europa torna a discutere di visti e mobilità internazionale. Il Parlamento europeo ha approvato il via libera a una proposta che consente agli Stati membri di reintrodurre temporaneamente l’obbligo di visto in casi specifici, ampliando i motivi che possono giustificare questa misura. Una decisione che, secondo Bruxelles, punta a rafforzare la gestione dei flussi migratori, garantendo maggiore controllo e sicurezza alle frontiere dell’Unione.
Tra le motivazioni previste rientrano non solo le criticità legate alla sicurezza pubblica o alla salute, ma anche l’eventuale mancata cooperazione da parte dei Paesi terzi nel rimpatrio dei cittadini irregolari o nella gestione dei flussi di partenza. È un passaggio che si inserisce in un quadro europeo sempre più attento all’equilibrio tra accoglienza e regolamentazione, soprattutto dopo l’aumento dei flussi migratori verso il Mediterraneo registrato nel biennio 2023-2024.
Secondo le ultime analisi della Commissione, oltre 1,1 milioni di persone hanno attraversato legalmente le frontiere europee nel 2024, grazie a programmi di ingresso regolare, mobilità studentesca e accordi bilaterali di lavoro. Accanto a queste, restano però forti le pressioni irregolari, che spingono Bruxelles a individuare nuovi strumenti di gestione coordinata.
L’obiettivo dichiarato è duplice: rafforzare la cooperazione con i Paesi d’origine e favorire canali di migrazione legale, che rappresentano l’unica alternativa sostenibile alle rotte illegali e ai trafficanti di esseri umani.
Ed è proprio su questo punto che l’Unione guarda con interesse ai modelli già attivi nei singoli Stati membri. In Italia, realtà come SIA Servizi e il progetto Road To Italy® lavorano da anni in questa direzione, costruendo un ponte reale tra formazione, inclusione e lavoro legale.
Attraverso corsi di lingua italiana di base e di secondo livello, percorsi di formazione professionale mirata e progetti finanziati da fondi interprofessionali come Fondimpresa, SIA Servizi accompagna cittadini stranieri e aziende in un cammino di integrazione strutturata.
È un modello che coniuga regolarità e crescita: un esempio concreto di come la formazione e il lavoro possano trasformarsi in strumenti di stabilità sociale e di cooperazione internazionale.
In un’Europa che continua a ridefinire i confini della mobilità, esperienze come quella di Road To Italy ricordano che la sicurezza non nasce dal muro, ma dal dialogo e dall’opportunità. Solo creando percorsi formativi e lavorativi trasparenti si può davvero garantire un futuro di equilibrio tra le esigenze delle imprese, le leggi dello Stato e la dignità delle persone.





