In dieci anni l’Italia ha visto crescere del 24% il numero degli imprenditori immigrati, mentre quello degli italiani è diminuito di oltre il 5%. A dirlo è un’analisi de Il Sole 24 Ore su dati Unioncamere e Infocamere, che fotografa un fenomeno ormai strutturale: la spinta migratoria non è solo manodopera, ma capacità imprenditoriale diffusa.
Le imprese a conduzione straniera superano oggi le 650mila unità, pari a una su dieci in Italia. Un dato che rovescia molti luoghi comuni e racconta un’economia in evoluzione.
Non si tratta più solo di piccole attività etniche o di nicchia, ma di realtà radicate in settori strategici: edilizia, logistica, ristorazione, commercio e servizi alla persona.
In regioni come Lombardia, Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna, l’imprenditoria straniera è diventata un pilastro della produzione locale, contribuendo alla tenuta occupazionale e all’innovazione dei modelli di business.
Dietro questi numeri c’è un dato culturale forte: chi arriva in Italia, spesso, non cerca assistenza ma un’opportunità concreta per mettersi in gioco.
Lo dimostrano i profili di molti nuovi imprenditori migranti, spesso ex lavoratori dipendenti che — dopo anni di esperienza nei cantieri, nei magazzini o nelle cucine — scelgono di aprire un’attività autonoma, portando con sé competenze tecniche e una visione pragmatica del lavoro.
Secondo Unioncamere, oltre il 30% delle nuove aperture è guidato da cittadini provenienti da Marocco, Albania, Cina, Bangladesh e Romania.
Sono imprenditori che lavorano molto, spesso senza tutele, ma con una determinazione che rigenera interi comparti economici.
E se una parte dell’Italia invecchia e chiude, loro aprono.
Lo fanno investendo tutto in piccole imprese familiari, in laboratori artigianali o in attività di prossimità che restituiscono vitalità a zone industriali e quartieri urbani in difficoltà.
Questa crescita, tuttavia, non è priva di sfide.
Molti imprenditori migranti incontrano ostacoli burocratici, linguistici e formativi, che rischiano di limitarne il potenziale.
Ecco perché oggi il tema della formazione linguistica e manageriale diventa cruciale per trasformare la vitalità imprenditoriale in sviluppo sostenibile.
In questo contesto si inserisce il lavoro di SIA Servizi e del programma Road To Italy®, che da anni costruiscono percorsi formativi mirati all’inserimento lavorativo e all’autonomia professionale dei cittadini stranieri.
Attraverso corsi di lingua italiana di base e di secondo livello, moduli dedicati a competenze amministrative, digitali e di gestione aziendale, SIA accompagna molti migranti nella transizione da lavoratori a imprenditori.
È il passo decisivo per passare dalla sopravvivenza economica alla vera integrazione produttiva.
Un modello che riflette lo stesso principio espresso nell’analisi de Il Sole 24 Ore: l’Italia del futuro cresce quando trasforma la diversità in impresa, la formazione in lavoro, e il lavoro in opportunità collettiva.
Un’idea che Road To Italy® traduce ogni giorno in pratica, creando ponti tra persone, imprese e territori.
Perché l’inclusione non è solo una parola: è il motore di una nuova economia italiana che parla molte lingue, ma lavora per un obiettivo comune.





