I nuovi dati diffusi da Istat dipingono un quadro che non può lasciare indifferenti. Oltre un cittadino straniero su tre in Italia vive oggi in condizioni di povertà assoluta, con una crescita preoccupante rispetto agli anni precedenti. Una fotografia che racconta non solo difficoltà economiche, ma anche l’urgenza di politiche concrete di inclusione e formazione, capaci di trasformare la presenza migratoria in una risorsa strutturale per il Paese.
Secondo il rapporto, la percentuale di famiglie straniere in povertà raggiunge quasi il 33%, contro il 6,5% delle famiglie composte esclusivamente da cittadini italiani. Una forbice che si allarga nel Nord, dove il costo della vita è più alto e il lavoro spesso più instabile, specie nei settori stagionali. In molte aree industriali del Paese, gli stranieri rappresentano una parte essenziale della forza lavoro, ma restano intrappolati in impieghi a bassa qualifica e scarsa sicurezza economica.
L’Istat sottolinea come istruzione, conoscenza della lingua e continuità lavorativa restino i tre fattori determinanti per uscire dal ciclo della vulnerabilità. Dove mancano competenze linguistiche e professionali adeguate, il rischio di povertà cresce fino a tre volte rispetto alla media.
Negli ultimi anni, diversi programmi nazionali hanno provato a colmare questo divario, ma il cammino è ancora lungo. Eppure, proprio nella formazione professionale risiede la chiave per invertire la tendenza. Lo dimostrano i percorsi di inclusione promossi da SIA Servizi e Road To Italy®, che hanno costruito un modello integrato capace di unire insegnamento della lingua italiana, corsi di secondo livello e inserimento lavorativo diretto.
Il progetto, in linea con le Politiche Attive del Lavoro e i fondi interprofessionali come Fondimpresa, trasforma la formazione in occupazione reale, creando un circolo virtuoso tra crescita personale e sviluppo economico.
Mentre i numeri Istat richiamano l’urgenza di azioni strutturali, esperienze come quella di Road To Italy dimostrano che l’Italia può essere anche un laboratorio di buone pratiche, dove l’inclusione non è solo un principio, ma un fatto concreto.
Laddove c’è una lingua appresa, una competenza riconosciuta, un’azienda che investe in formazione, c’è sempre la possibilità di uscire dalla povertà e di costruire futuro.





